Le mie letture di marzo

Letture

Nel mese di marzo ho terminato sette libri: vediamo quali mi hanno sorpresa in positivo e quali in negativo.

LEGENDA:

Vicino ai titoli utilizzo degli emoji, eccone il significato:

🇬🇧: il libro è stato letto in inglese

🎧: il libro è stato audioletto o ascoltato in audiolibro

🤓: il libro è un lavoro di non fiction: saggio o memoir

💬: indica una graphic novel o fumetto

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🎧 🇬🇧 Sebastian, The queer principles of Kit Webb

“The queer principles od Kit Webb” è stato il primo libro di Sebastian che io abbia mai letto, e posso già dire che non sarà l’ultimo: è stata una lettura di grande intrattenimento, nonostante alcune critiche che le si possono muovere contro. Potrebbe essere anche che questo libro abbia acceso in me una certa passione per i romance queer con ambientazione storica…

Le strade di nobile con la passione per la moda e un ex bandito non proprio pentito ora proprietario di un cafè si incrociano per organizzare un colpo che prevede di derubare un potente aristocratico. Entrambi hanno i loro motivi e l’organizzazione del colpo offre la possibilità di approfondire il loro rapporto…anche in senso biblico.

La lettura, o meglio l’ascolto, è stata una bellissima esperienza, soprattutto grazie alla voce e alle abilità interpretative di Joel Leslie, che è stato fantastico. Per quanto riguarda la storia, pur essendo di che mi ha intrattenuto moltissimo (SO MUCH FUN!!), secondo me presenta alcune problematiche, in primis di ritmo: la stragrande maggioranza della storia è occupata dalla preparazione al colpo, e il colpo stesso si conclude in qualche scena frettolosa, e senza abbastanza imprevisti che possono alzare la posta in gioco. Insomma, tanta (e ben fatta) anticipazione e poi quello che dovrebbe essere l’evento principale è una delusione. Whomp whomp. Stessa cosa per le scene di sesso: l’anticipazione e la tensione tra i due c’è, ed è fatta bene, ma la loro prima volta in particolare è stata deludente e per nulla gratificante. Lo dico? Lo dico: mi è sembrata anche un po’ irrealistica; non vado nei dettagli, altrimenti questa recensione diventa NSFW (insomma, fin troppo piccante).

Nonostante queste criticità mi sono goduta la lettura e la consiglierei, con qualche riserva.

🤓🇬🇧Dashtgard, Bones of belonging

Una collezione di storie autobiografiche, alcune molto brevi, altre più lunghe, scritte con grande empatia ed emozione dalla leader, educatrice e oratrice Dashgard che si focalizza su un approccio compassionevole alla giustizia razziale. Questo libro parla di “belonging”: appartenenza, accettazione, unità, empatia, compassione, e lo fa offrendo uno sguardo aperto e umano sulla vita di Dashgard e la sua esperienza di persona brown.

Ho amato tutto, dai piccoli spezzoni significativi di vita all’analisi puntuale del razzismo fino alle lezioni in empatia e inclusione. Dashgard si mette a nudo raccontando le vittorie, i momenti teneri e quelli sfidanti, la gioia e la difficoltà di vivere in un corpo razzializzato in una società dominata dal suprematismo bianco, e lo fa riuscendo a lasciare una scia di grande speranza. Consiglio assolutamente la lettura, è stata una gioia per il cuore.

Grazie a NetGalley e alla casa editrice per l’opportunità di leggere questo memoir in anteprima.

🎧🇬🇧Jamison, Hillbilly queer

Hillbilly queer è un memoir ed è anche una storia di conflitti intergenerazionali e di opposti, e di tentativi di appianare le loro differenze: padre, figlio; hillbilly (che potrebbe essere tradotto con “campagnolo”, spesso con accezione peggiorativa, che indica una persona rozza e ignorante) e queer (persona che appartiene alla comunità lgntqia+); repubblicano, democratico.

L’autore ci porta in un viaggio che ha fatto con il padre percorrendo luoghi della sua memoria, e nel quale il loro rapporto si approfondisce e le tensioni diventano comprensione. Mi è piaciuta molto questa cornice del viaggio, una specie di scusa per raccontare le origini provinciali del padre e per l’autore di spiegarsi quest’uomo che in apparenza è tutto il suo contrario, a partire dal voto, che lui darà a Clinton e il padre a Trump nelle elezioni statunitensi presidenziali del 2016. Mi è piaciuto anche l’approccio umano a un conflitto personale, politico e intergenerazionale: alla fine del viaggio Jamison riesce a comprendere meglio suo padre e le motivazioni che si celano dietro ai suoi comportamenti; è stato un libro che mi ha fatto pensare molto, e che, nonostante mi sia piaciuto e che secondo me è prezioso da molti punti di vista, mi ha lasciato con una certa sensazione di disagio.

Quanto spesso sono i figli queer come l’autore a dover allungare il braccio mentre dall’altra parte i genitori conservatori, e detentori di tutti i privilegi (etero, cis, bianchi) hanno il più semplice compito di stringere la mano che viene loro offerta, senza bisogno di fare grandi sforzi o sbracciarsi? Quando si costruisce un ponte sarebbe bello incontrarsi a metà, mentre vedo più spesso uno sforzo che non è bilanciato da entrambe le parti; questo sicuramente è dovuto al fatto che le persone queer come l’autore sono state costrette a fare un percorso di alfabetizzazione emotiva, terapia, autocoscienza e coscienza sociale per capire perché non sono accettate dalla società nella quale vivono, e che quindi hanno più strumenti e abilità che possono spendere nella costruzione di questo metaforico ponte. Capisco tutto questo a livello logico, ma mi fa infuriare che la persona traumatizzata debba sempre e comunque essere quella che comprende, che lascia perdere, che gioisce di mere briciole. Alla fine del memoir l’autore dice che il padre ha votato per la prima volta per Trump, ma non per la seconda volta, e lo fa presentando questo fatto come se fosse una vincita che ha dell’incredibile. La barra, insomma, è davvero bassa, e l’appianamento delle differenze tra “noi” e “loro” non si può fare davvero quando a sollevare i pesi più grandi è per lo più una delle due parti.

Ceglia, Il corpo che indosso

“Il corpo che indosso” è un romanzo che mi ha incantata. A partire dallo stile riflessivo che si sofferma sui dettagli e così rivela la personalità del protagonista fino ai temi trattati, che sono quelli della crescita, della presa di coscienza della propria identità di genere e orientamento sessuale, oltre che del proprio valore intrinseco come persona.

Tutto inizia quando un Elia undicenne decide di andare a scuola con una maglietta rosa e viene bullizzato per questo; sarà Gio che lo salverà dai bulli e lo porterà all’appartamento dove vive con la nonna Libera, di nome e di fatto. Lì si leccherà le ferite e troverà un luogo dove essere se stesso, oltre che trovare una famiglia che va oltre i legami di sangue e l’amore romantico.

La relazione portante è in apparenza quella Elia-Gio, ma in realtà è quella di Elia con se stesso: lo vediamo crescere e maturare, e liberarsi in modo graduale delle sue insicurezze e paure per diventare l’adulto che ha sempre sognato di poter essere. In fondo, questo romanzo si basa sui rapporti e sui personaggi, ed è scritto talmente bene che alla fine si ha la sensazione di conoscerli intimamente: vederli crescere e affrontare le diverse sfide che la vita lancia loro porta con sé molta emozione, specie sul finale.

Particolarmente importante è l’ambientazione, che gira quasi esclusivamente attorno a un solo luogo, e che ho trovato molto azzeccata: l’appartamento è un luogo pulsante, è il vero cuore del romanzo e diventa così parte integrante dei personaggi e cambia con loro, riflettendo mutamenti interni all’esterno.

Infine, la rappresentazione della queerness, e in particolare dell’identità di genere non binaria del protagonista, “né rosa né blu”, è fatta con rispetto e accuratezza.

Ceglia ha scritto un gioiellino sotto tutti i punti di vista, e non posso che consigliarlo al cento percento.

🇬🇧Zhao, Iron Widow

Iron Widow è un romanzo di fantascienza dall’ambientazione peculiare, con un’unione tra antico e futuristico che sembra strana ma funziona molto bene; in tutto questo i mecha, pilotati da una coppia ying/yang (uomo/donna) sono degli strumenti importanti per la lotta alla sopravvivenza dell’umanità, minacciata da misteriosi alieni. La protagonista, Zetian, mossa da un istinto di vendetta, diventa uno dei piloti più potenti e riesce a svelare alcuni dei terribili segreti che si celano dietro alla lotta e ai mecha.

La storia di Zetian mi ha intrattenuta (alcuni momenti più di altri) nonostante un ritmo un po’ sbilanciato, in cui un finale al cardiopalma e denso di informazioni si contrappone a un secondo atto (il “training montage”) più lento e decisamente meno ricco di eventi. Per quanto riguarda le tematiche, ho trovato un femminismo un po’ di superficie a tratti, specie visto che a volte le azioni e i pensieri privati della protagonista sembrano essere in contrasto con ciò in cui crede; ritengo che la tematica femminista sia stata semplificata, e riassunta in alcune frasi d’effetto all’interno del libro, soprattutto visto il target al quale Iron Widow si riferisce, ovvero quello young adult. Sono curiosa di vedere come sarà trattato nel seguito.

SPOILER DA QUI IN AVANTI

Il libro è stato promosso da diverse persone come una delle poche rappresentazioni corrette del poliamore in narrativa, e capisco perché, visto che si tratta di un triangolo vero, in cui tutte e tre le persone sono coinvolte tra di loro; tuttavia vediamo la relazione svilupparsi nel pieno del suo potenziale solo per qualche istante prima di un grave evento che li separa.

Infine, la rivelazione sui nemici, per quanto sia un classico artificio della narrativa fantascientifica quello di ribaltare le prospettive, è riuscita comunque ad essere per me inaspettata, anche se personalmente l’ho trovata tirata troppo per le lunghe, visto che per tutto il libro si combatte un nemico senza una vera ragione esplicitata oltre che “sono nemici”. Capisco che si sia voluto tenere la grande rivelazione per un finale in grande stile, ma a che costo? Durante la lettura questo è stato un tarlo per me, e mi ha impedito di immergermi completamente in ciò che stava succedendo per via delle domande senza risposta che continuavo a farmi.

🤓🇬🇧💬Bobika, Balls up- a contraceptive journey

Balls up- a contraceptive journey è un saggio sotto forma di fumetto che tratta lo spinoso argomento della contraccezione maschile, argomento che non dovrebbe essere così spinoso, ma lo è per le ragioni che sappiamo (cough cough patriarcato cough cough). Per quanto parli solo di contraccezione in rapporti eterosessuali e cisgender (o, per lo meno, p in v), Bobika riesce a percorrere la storia della contraccezione e cercare alternative a quello che sembra un mondo dedicato solo alle donne o socializzate come tali.

Mi è sembrato un libro valido, nel quale l’autore si fa molte domande e riesce a rispondere anche ad alcune, non soltanto sull’argomento dei modi di contraccezione ma anche sulla mascolinità tossica e sulla virilità, qualsiasi cosa significhi, trattando anche certe questioni da un punto di vista personale e indagando il suo privilegio di uomo etero cis e il suo rapporto con la virilità in una società fallocentrica.

Insomma, l’ho trovato un libro altamente istruttivo, pieno di informazioni utili, dal quale ho imparato molto su un argomento che non conoscevo quasi per nulla. L’autore, inoltre, almeno da questo libro (non conosco il suo background) sembra aver fatto un percorso di decostruzione come alleato e femminista.

Grazie a NetGalley e alla casa editrice per l’opportunità di leggere questa graphic novel in anteprima.

🇬🇧 🤓Costello, Kaszyka, Sounds fake but okay

Partendo dal loro podcast omonimo, Costello e Kaszyca scrivono “Sounds fake but okay” per esplorare lo spettro aroace (aromantico-asessuale) e soprattutto per dimostrare quanto sia utile guardare al mondo, alle relazioni, alla società ecc. con delle lenti viola (ovvero, lenti ace).

Ho trovato questo saggio frizzante e pop: si rivolge alla comunità aroace ma anche alle persone alleate, e tratta i classici argomenti dei quali si parla in quasi ogni saggio sull’argomento (il modello di “split attraction”, attrazione divisa tra romantica, platonica, sessuale ecc.; le relazioni come sono vissute da persone ace, con una deriva sul poliamore; cosa significa vivere in un mondo altamente sessuale e sessualizzato se non provi quel tipo di attrazione, e via dicendo); lo fa nell’ottica che decostruire queste cose non è compito solo delle persone ace, ma è qualcosa che può aiutare anche le persone allo (ovvero le persone che non si identificano nello spettro aroace) a capire meglio, in modo più sano e consapevole, dinamiche e situazioni nelle loro vite.

Ci sono migliori saggi sull’asessualità e aromanticismo? Certamente. Questo, tuttavia, potrebbe essere un buon punto di partenza, un’introduzione all’argomento specialmente per il target al quale pare rivolgersi, ovvero giovani adulti o nuovi adulti (young adult o new adult), e spero riesca nel suo compito di incuriosire e lasciare spazio a un approfondimento più serio.

Nota dolente che poteva essere tranquillamente evitata: citazioni a Harry Potter e la sua autrice. I mean, davvero? In un saggio queer che contiene anche un capitolo sull’identità di genere? Nel 2023?? BAH.

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Grazie di aver letto fin qui, spero di averti fatto scoprire nuovi libri da leggere prossimamente!

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Le mie letture di febbraio

Letture

Nel mese di febbraio ho terminato quindici libri: ho letto moltissime graphic novel e in particolare in giorni in cui stavo male ed ero confinata a letto ne ho fatto proprio scorpacciata.

La tematica del numero dei libri che si leggono in un determinato lasso di tempo mi è molto cara, e la affronto sui social a intervalli di tempo regolare. Ci tengo quindi a ribadire una cosa molto importante: questo è il numero che ho letto io in un mese in cui sono stata fisicamente male, e quindi in cui la lettura è stata evasione e conforto. Non voglio che sia metro di confronto: ogni persona vive situazioni diverse, ha ritmi di lettura, necessità e disponibilità individuali e differenti. Se questo mese hai letto un libro o nemmeno uno, va bene.

Vediamo quali mi hanno sorpresa in positivo e quali in negativo.

LEGENDA:

Vicino ai titoli utilizzo degli emoji, eccone il significato:

🇬🇧: il libro è stato letto in inglese

🎧: il libro è stato audioletto o ascoltato in audiolibro

🤓: il libro è un lavoro di non fiction: saggio o memoir

💬: indica una graphic novel o fumetto

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💬Cuello, Guardati dal beluga magico

Una collezione di strisce con una storia più lunga che si frammenta tra di esse. Nonostante alcune delle strisce fossero simpatiche e apprezzi lo stile di disegno, non mi è piaciuta per nulla la modalità di narrazione frammentata, che ha reso la lettura confusionaria e non mi ha permesso di empatizzare con la storia principale. Un grande meh, che non mi ha lasciato nulla, a differenza di altre opere dell’autore come Residenza Arcadia, di cui parlo più in basso, e Mercedes che ho letto in precedenza. Capisco che possa essere un “assaggio” per capire se Cuello piace o no ma non lo consiglierei per nulla, anche perché le strisce si trovano sui social dell’autore.

💬Thorogood, Gli ultimi giorni di luce di Billie Scott

Billie Scott è un’artista sul bordo della sua prima mostra importante quando, in seguito a un incidente, le viene comunicato che perderà la vista gradualmente fino a diventare cieca di lì a una settimana. In panico per la sua carriera e la mostra, Billie decide di intraprendere un viaggio per creare le sue ultime opere che la cambierà nel profondo grazie a ogni incontro che farà. Come si dice, il tesoro alla fine sono le amicizie che si trovano per strada. L’ho trovata una graphic novel intensa e bellissima che parla di comunità, contatto e storie umane; il tema della cecità è affrontato senza pietismi o buonismi e il finale, senza fare spoiler, è di speranza e gioia. Consigliato specialmente a persone la cui vita gira attorno alla loro creatività.

💬 Durante, Menini, La rosa armata

Rosa è appena una ragazza quando scoppia la guerra, nel 1944, ed è costretta a mettersi in viaggio con l’amica Gisella, incinta. Dopo essere state salvate da un gruppo di partigiane, decide di unirsi a loro e imbracciare il fucile per partecipare alla lotta armata. Una storia dura accompagnata da disegni aspri, che veicolano bene la bruttezza della guerra, ma che riescono anche a evidenziare i piccoli momenti di gioia e umanità, solidarietà e comunità che si trovano persino in mezzo alla disperazione. Una graphic novel potente che parla di libertà e di lotta, una lettura non facile ma necessaria.

💬Loputyn, Francis

Loputyn non delude con delle illustrazioni eteree ed emotive che fanno da sfondo a una storia che parla della ricerca della nostra verità e del nostro io più profondo: Francis è una strega che fa parte di una congrega e assieme a un’altra, la sua migliore amica sempre perfetta, è stata scelta per affrontare le prove che eleggeranno la prossima capoclan. Quando si accorge che non ha preparato in anticipo dei materiali per una prova essenziale, decide di evocare uno spirito che invece di aiutarla la scuoterà dal profondo. La storia sembra tronca, con un finale e “indizi” disseminati nelle pagine che preannunciano un seguito.

💬 Nagata, Diario di una guerriera single

Da dove iniziare? Da qui: non posso consigliare questa graphic novel. L’autrice mi era piaciuta molto in “La mia prima volta”, in cui avevo apprezzato la radicale onestà con cui aveva raccontato la sua esperienza, quindi speravo che mi sarebbe piaciuta anche qui; purtroppo non è stato così: hai presente quando mangi troppo di un cibo e anche a sentirlo nominare poi ti viene la nausea? Ecco, è stata questa la sensazione.

Una graphic novel autobiografica e sanguinante ci sta, due cominciano ad essere troppe…e quando la produzione diventa prevalentemente di questo tipo (Nagata ha pubblicato quattro graphic novel su questo stampo, edite anche in Italia) la cosa comincia, invece di risultare onesta e profonda, a puzzare di trauma dumping, spettacolarizzazione e monetizzazione del dolore e trauma p0rn. Quando la tua carriera si basa sull’espressione del tuo dolore, inoltre, non c’è incentivo vero ad uscirne, e si ripete così un circolo vizioso che trascina l’autrice e chi legge in basso, nutrendo invece una macchina da denaro che non ha alcun interesse a far stare bene chi si (de)scrive e chi riceve tale pubblicazione.

(Tra parentesi, enormi trigger warning per le sue opere, in generale abbiamo: descrizione grafica di abuso ricevuto da bambina, dipendenze, disordini alimentari, self-hatred, self-harm; forse sto pure dimenticando qualcosa.)

Questo volumetto, in particolare, si interroga su questioni complesse come: i figli, interrogarsi sul proprio genere e la propria sessualità, voler trovare l’amore (sempre solo romantico),desiderare una famiglia e una vita inquadrata come “normale” dalla società. Temi importanti, ma che vengono trattati con grande superficialità e confusione, perché l’autrice stessa è confusa sul tema. Ora, non mi aspetto che in un’autobiografia ci siano delle risposte: va benissimo anche lasciare certe domande sospese; tuttavia mi aspetto come minimo una chiarezza e una autoconsapevolezza, che per scrivere memoir sono essenziali. Ecco, questo memoir grafico doveva restare nel cassetto e non essere pubblicato come il diario personale che è, non destinato ad altri occhi oltre a quelli dell’autrice.

💬Cuello, Residenza Arcadia

Residenza Arcadia è un condominio come tanti altri, abitato quasi da persone anziane e che sembra andare avanti solo a scaramucce e a quei fastidi dettati da una convivenza forzata che tendono a inasprirsi negli anni. Tutto però non è come sembra: quella che inizialmente sembra una quotidianità anche fin troppo conosciuta diventa, man mano che si va avanti nella lettura, una cipolla che mostra i suoi strati, a partire dal passato di ogni inquilino e dai dolori spazzati sotto al tappeto fino a un esterno distopico e un diverso che fa paura e che diventa capro espiatorio.

C’è anche la tematica queer nella backstory di uno degli inquilini, e l’ho trovata delicata e commovente, davvero ben fatta.

Una lettura emotiva e multisfaccettata, che nasconde e svela nei momenti giusti e che riesce a commuovere profondamente.

💬 Rostagnotto, Discosogni

Discosogni è l’Italia degli anni ’80 vista nel 2023 attraverso degli occhiali a forma di cuore e con lenti rosa, è la nostalgia pastello di un decennio al neon romanticizzato che si rivela nella sua ingenuità e nel suo candore da periferia del mondo.

Ambra e Giovanni sognano in grande, lei con le sue canzoni e lui con i suoi outfit arditi e le sue mosse di ballo in avanti coi tempi, ma si trovano davanti solo porte sbattute in faccia finché sono notati da un produttore che propone loro qualcosa a cui non avevano mai pensato: unire il talento di Ambra al look di Giovanni e sfondare come Zaff Hero, improbabile cantante statunitense giunto in Italia per rubare cuori e far ballare tutte le discoteche dello Stivale. Il finale ci porta a Sanremo, dove Ambra e Giovanni dovranno fare una scelta: fama e successo ottenuti con la menzogna oppure vivere la loro verità?

Discosogni è stata una lettura fresca, di grande intrattenimento grazie alle illustrazioni meravigliose, tutte dai toni pastello, le citazioni puntuali agli anni ’80 e la storia che, per quanto prevedibile, è super godibile. Trattata bene anche la questione queer dell’identità di Giovanni.

💬🇬🇧 Lehmann, Parallel

Parallel è la storia di Karl, che vive in modo segreto e tormentato la propria omosessualità in Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale tra la paura di restare solo al mondo e il desiderio di avere una famiglia che gli stia vicino e la sua identità di uomo gay, ma potrebbe essere la storia di chissà quanti altri uomini del suo tempo, imprigionati nella gabbia dell’eteronormatività e in un periodo in cui essere chi erano e amare chi amavano era illegale. Una graphic novel struggente e tormentata che racconta la solitudine, la sofferenza, l’odio che le persone queer sono state costrette a subire in tempi non così lontani.

Grazie a NetGalley e alla casa editrice per l’opportunità di leggere questa graphic novel in anteprima.

💬🇬🇧Burgess, How to be ace

How to be ace è stato per qualche tempo, assieme a Ace di Angela Chen, non solo il migliore ma anche l’unico testo sull’asessualità che rappresentasse bene questo orientamento. Mentre quello di Chen è un saggio, How to be ace è un memoir e racconta l’esperienza dell’autrice mentre cresce e passa dal liceo al college e inizia a comprendere meglio se stessa, il suo ocd e la propria (a)sessualità.

Nel frattempo sono stati pubblicati altri testi su questo orientamento, sia di non fiction che di fiction, ma questo resta molto valido e un’ottima introduzione al tema anche per chi non avesse mai sentito parlare di questo orientamento, visto che utilizza l’esperienza personale della sua autrice per spiegare concetti legati allo spettro dell’asessualità e la discriminazione e i disagi che le persone nello spettro devono sopportare vivendo all’interno di una società ipersessuale e ipersessualizzata.

🎧🇬🇧 Wynne Jones, Howl’s moving castle

Sophie è la più grande di tre figlia e si è ormai rassegnata a ereditare il negozio di cappelli di famiglia e a condurre un’esistenza priva di scossoni; la sua vita, però, viene stravolta quando la temibile strega dell’Ovest la tramuta per gelosia in una donna anziana, e Sophie finisce a fare la donna delle pulizie per il famigerato mago Howl, che si dice mangi il cuore delle fanciulle…ma che si rivela decisamente diverso dalla sua fama.

“Il castello errante di Howl” è uno dei miei film (non solo animati) preferiti di sempre, quindi è da anni che ero curiosa di leggere l’opera dal quale è stato tratto, e, nonostante il film e il libro divergano molto, specie in certe parti, è stata un’esperienza di lettura bellissima che mi ha trasportato in atmosfere affascinanti e che mi ha avvolto in una calda coperta e mi ha offerto un tè fumante e profumato davanti a un caminetto. Diana Wynne Jones ha creato un mondo meraviglioso e dei personaggi indimenticabili che porterò con me per molto tempo: questa è letteralmente una lettura comfort, e la consiglio a chiunque.

💬🇬🇧 Lee, In limbo: a graphic memoir

“In limbo” è uno sguardo sulla vita di un’adolescente coreana trapiantata negli Stati Uniti, è sentirsi chiamare persino dalla famiglia con un nome europeo mentre il tuo vero nome è un altro, è la sensazione di profonda solitudine che provi all’interno di una stanza quando nessuno assomiglia a te o parla la tua lingua, è il non sentirsi coreana fino in fondo, ma nemmeno statunitense: è vivere in un limbo di culture, di lingue, di desideri.

Lee riesce in questo memoir in forma di graphic novel a raccontare la sua adolescenza tra le difficoltà legate alla diaspora coreano-americana e la sua salute mentale, tra un “dentro” e un “fuori” equamente tormentati, e lo fa attraverso illustrazioni eloquenti e cariche di emozione.

Grazie a NetGalley e alla casa editrice per l’opportunità di leggere questa graphic novel in anteprima.

Dugan, Some girls do

Morgan era una stella dell’atletica nella sua vecchia scuola, ma è costretta a trasferirsi per la loro intolleranza verso le persone queer dopo il suo coming out come lesbica; Ruby è una ragazza bisessuale divisa tra i suoi veri interessi (le auto e l’officina che è più casa del luogo dove dorme) e i sogni da reginetta di bellezza che sua madre ha proiettato su di lei. Il loro primo incontro è uno scontro, ma pian piano si conoscono e si innamorano.

Some Girls Do è un romance young adult saffico piacevole, anche se non sconvolgente. Ho trovato la rappresentazione della queerness e di ciò che comporta, specialmente a quell’età, ben fatta e nonostante ci siano stati dei momenti che ho trovato frustranti (sia Morgan che Ruby fanno diversi errori sia nel loro rapporto, sia verso altre persone), e sia difficile a tratti empatizzare, l’ho trovato un libro carino, una lettura di intrattenimento che fa il suo lavoro. Se l’avessi letto in un’età diversa l’avrei probabilmente apprezzato di più, e questo significa che una persona dell’età del target di questo libro se lo godrà più di quanto ho fatto io.

Grazie a Leggereditore/Fanucci per avermi regalato la copia italiana.

Pugno, Sirene

Una distopia femminista e antispecista che può essere riassunta in un unico aggettivo: disturbante. Le sirene di Laura Pugno sono creature sfruttate dagli esseri umani per la carne e a scopi sessuali; sono allevate dalla yakuza, padrona di un mondo in rovina dopo la pandemia del “cancro nero”, un tipo di cancro alla pelle provocato dagli aggressivi raggi solari. In tutto questo, Samuel lavora in uno degli allevamenti di sirene e durante una sessione di “monta” entra nelle vasche e stupra una di loro, che genererà una mezzumana.

Partendo dal protagonista, una voce narrante che non può piacere proprio per volontà dell’autrice, ai temi trattati, che esplorano il ruolo delle donne, trasfigurate come sirene (gli unici due personaggi femminili sono Sadako, la ragazza ora morta di Samuel, e la dottoressa inviata dalla yakuza) e la violenza verso gli animali e i limiti (se mai ci sono) che ci differenziano da essi, è stata una lettura difficile, a tratti grottesca e morbosa, difficile da digerire ma che pesa di domande e riflessioni interessanti dal punto di vista femminista.

Pretta, La monogamia dei calzini

Alice e Alberto sono una coppia nerd come tante: si conoscono a una partita di un gioco di ruolo tra amici, ordinano cinese regolarmente, hanno i propri interessi e passioni in comune; un giorno però succede che Alberto comincia a dimenticarsi cose che di solito non si dimenticava e a comportarsi come non aveva mai fatto. Seguirà a breve la diagnosi: Alzheimer precoce, e così la loro vita cambia drasticamente, fino all’epilogo drammatico.

Sapevo che questo libro mi avrebbe prosciugato di lacrime, e così è stato; Pretta riesce a raccontare la malattia in modo realistico attraverso la voce narrante di Alice che sa essere ironica, a tratti acida e persino un po’ crudele, ma che resta al fianco di Alberto fino alla fine, e uno stile semplice, ma non semplicistico. Molto belli anche i dettagli grafici all’interno del libro: ogni capitolo è preceduto dalla planimetria dell’appartamento di Alice e Alberto, luogo dove si conoscono, si innamorano e vivono, e man mano che si procede essa scolorisce sempre di più, per indicare la degenerazione della salute di Andrea.

Forse la cosa più terribile de La monogamia dei calzini è proprio la normalità del tutto, la sensazione di conoscere intimamente sia Alice che Alberto, e che una cosa del genere potrebbe accadere senza problemi a una coppia di amici, o persino a me e mio marito: Pretta se ne assicura attraverso una narrazione delicata, ma decisa, che ho apprezzato molto.

Grazie a Le Plurali per avermi regalato la copia da recensire.

Canteri, Incantesimo

Un fantasy nostrano dalle vaghissime tinte saffiche che si ispira alle atmosfere e agli archetipi delle fiabe: Nerea è una principessa a cui un colpo di stato ha strappato regno e famiglia; viene salvata da Iside, regina glaciale e impenetrabile dal passato avvolto nel mistero che viene a poco a poco svelato proprio da Nerea, rivelando il segreto del suo incantesimo.

Nonostante qualche indubbio punto di forza, tra tutti l’ambientazione affascinante e da fiaba ben descritta, un interessante richiamo di simboli attraverso le pagine e una buona struttura narrativa, ho trovato delle ingenuità tecniche, specialmente nello stile traballante e nei dialoghi, che non mi hanno permesso di godermi appieno la lettura, né di empatizzare con le personagge. Nei difetti si nota l’inesperienza dell’autrice, comprensibile perché qui al suo esordio, e traspare molto la sua volontà di veicolare il messaggio di fondo del libro, forse un po’ troppo, quasi ai limiti di un sermone. Resta un libro pieno di cuore, prodotto da una persona che chiaramente tiene molto a ciò che scrive; non posso consigliarlo, ma terrò d’occhio questa autrice per il futuro, certa di un miglioramento nella produzione man mano che acquisirà maggiore esperienza.

Si ringrazia l’autrice per la copia in regalo.

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Grazie di aver letto fin qui, spero di averti fatto scoprire nuovi libri da leggere prossimamente!

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Le mie letture di gennaio

Letture

Nel mese di gennaio ho terminato dieci libri: vediamo quali mi hanno sorpresa in positivo e quali in negativo.

LEGENDA:

Vicino ai titoli utilizzo degli emoji, eccone il significato:

🇬🇧: il libro è stato letto in inglese

🎧: il libro è stato audioletto o ascoltato in audiolibro

🤓: il libro è un lavoro di non fiction: saggio o memoir

💬: indica una graphic novel o fumetto

🇬🇧 Bardugo, Ruin and Rising

Sono finalmente riuscita a terminare il terzo capitolo della trilogia Grisha di Leigh Bardugo e confermo le mie impressioni sulla saga generale che ho avuto mentre la leggevo: l’ho trovata forse un po’ mediocre per quanto riguarda la trama e i personaggi, mentre ho amato il worldbuilding. In generale, un finale un po’ scontatello e non saprei nemmeno se chiamarlo soddisfacente visto che un po’ di amaro in bocca me l’ha lasciato, ma in ogni caso un finale degno della saga.

🇬🇧 Jamnia, The Bruising of Qilva

Si tratta di una novella ambientata in un mondo di ispirazione persiana queernormativo (ovvero, dove la queerness è la norma). Ho trovato la lettura di questa storia molto godibile, dai personaggi ai temi trattati alla costruzione del mondo. Uniche pecche per quanto mi riguarda è la brevità, visto che i temi del libro avevano secondo me bisogno di più respiro, e qualche problema di ritmo e gestione delle diverse trame e sottotrame. Sicuramente ne parlerò in futuro, in ogni caso, e starò attenta a eventuali altri libri ambientati in questo mondo come l’autor* ha già annunciato.

🇬🇧 🎧 Hibbert, Get a Life, Chloe Brown

Get a Life Chloe Brown è romance spicy per adulti con una protagonista nera, grassa e con malattia cronica scritta molto bene (non lo dico io, lo dicono diverse persone con malattia cronica che hanno recensito il libro). Rappresentazione top e storia molto carina, anche se piuttosto prevedibile. L’ho trovato un romance godibile e la lettrice su Storytel era ECCEZIONALE, momenti spicy imbarazzanti da ascoltare a parte.

🎧 🇬🇧 Dade, Spoiler Alert

Cosa succede quando una fan che scrive fanfiction su una serie tv basata su un popolare libro va per caso a un appuntamento con la star di questa serie? E cosa succede quando lui, la star, si accorge di conoscerla perché anche lui scrive fanfiction sulla sua stessa serie tv e con lei parla da anni su un forum dedicato al fandom? Spoiler alert è un romance che parla la lingua dei fandom e che racconta una storia tenera e appassionante. Nota di rilievo la rappresentazione della protagonista grassa fatta davvero da Dio.

💬 🇬🇧 Abrego, Whitt, The Sprite and the Gardener

Si tratta di una graphic novel che ho letto come ARC su netgalley: in un mondo in cui gli “sprite”, spiritelli delle piante, hanno smesso di praticare la loro magia, una spiritella incontra una ragazzina che vuole far crescere rigoglioso il giardino come regalo per la madre. Nascerà un’amicizia tenera che cambierà tutto anche per gli altri spiritelli.

Ho amato questa graphic novel, che inserirei a tutti gli effetti nel genere “cosy fantasy”: i disegni sono meravigliosi, la storia incredibilmente tenera e mentre lo leggevo continuavo ad avere il sorriso sulle labbra. Consigliatissimo, è già uscito e disponibile in inglese.

🎧 🇬🇧 Albertalli, Leah on the Offbeat

Un MEH grande come una casa. Leah è una protagonista bisessuale e grassa costantemente snarky e sarcastica, come se non ci fossero protagoniste grasse e sarcastiche in abbondanza. Ho trovato certi momenti carini (per esempio, una scena è ambientata in camerino mentre lei si prova abiti che non le stanno per il ballo di fine anno, una situazione che ogni persona grassa conosce), ma la trama prevedibilissima, l’unlikeability della protagonista e le COSTANTI citazioni a Harry Potter (che perdono solo perché il libro è stato pubblicato nel 2017) lo rendono un romanzo dimenticabile e che non consiglierei.

🇬🇧 🤓Daigle-Orians, I Am Ace

Sinceramente? Mi ha annoiata a morte. Ogni capitolo del libro parte dall’esperienza dell’autore, un uomo cis asessuale omoromantico che ha scoperto la sua sessualità a quarant’anni, e poi espande gli argomenti spiegando con grande semplicità le tematiche legate alla comunità dello spettro asessuale e aromantico. Di lui non mi interessava per nulla e le parti generiche erano, appunto, molto generiche. Riconosco però che un libro come questo ha un target di riferimento preciso, ovvero persone interessate a scoprire di più su questi orientamenti e che partono assolutamente da zero. Insomma, non per me decisamente, anche se riconosco la sua utilità per altre persone.

🤓 🇬🇧 Young, Ace Voices

Ace Voices si tratta di un saggio che l’autrice ha scritto trattando un po’ tutti gli argomenti legati alla comunità, ma la cosa particolare è l’approccio, che è molto comunitario e aperto a una varia interpretazione di che cosa significa essere aspec: Young parla anche (in modo minimo) della sua esperienza, ma il focus è sul dare voce alla comunità, riportando dati e citazioni di inchieste e interviste a, sembra, abbastanza ampio spettro. Insomma si crea un quadro in cui è chiaro che ogni identità è una piastrellina che colora un mosaico enorme e sfaccettato. Mi è piaciuto particolarmente il discorso sul linguaggio, sulla nascita dei termini che usiamo all’interno della comunità con un excursus anche storico, e il senso generale del libro, che invece di limitare e rinchiudere le esperienze delle persone aspec le allarga, in un’ottica che ho trovato molto di complessità invece che semplificazione.

🇬🇧 🎧 Armfield, Our Wives Under the Sea

Decisamente il migliore libro del mese, e uno che resterà con me per un bel po’. Quando la moglie, Leah, ritorna da una spedizione da biologa marina in sottomarino, Miri spera che tutto ritorni come prima che partisse, ma non sa che Leah ha vissuto, nel buio delle profondità marine, un’esperienza incredibilmente traumatica che l’ha cambiata forse per sempre. Our Wives Under the Sea esplora il tema della perdita e del lutto con una prosa a tratti poetica che bene si adatta alle riflessioni su temi così importanti. Un libro che nasconde molto di più di quanto sembri offrire all’inizio, esattamente come il profondo buio in cui Leah si perde.

Grazie di aver letto fin qui, spero di averti fatto scoprire nuovi libri da leggere prossimamente!

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Coltivare un sano rapporto tra scrittor* e lettor*

Consigli, Scrittura

I social possono essere uno strumento essenziale per chi volesse scrivere ed essere lett* in questi ultimi anni: è un modo molto efficace per farsi conoscere ancora prima della pubblicazione e raggiungere un pubblico di lettor* senza la presenza di molti filtri. Tuttavia, se può avere molti pro, entrare a gamba tesa nel mondo dei social da scrittor* può anche presentare diverse sfide.

Quante volte abbiamo sentito di quell’autor* che su twitter ha risposto in modo molto piccato a un tweet di un utente che parlava dei suoi lavori? Quante polemichette sono nate su instagram o su tiktok che hanno come protagonist* un* scrittor* che si scaglia contro un* lettor*?

Personalmente in questo momento sono un po’ a metà tra i due mondi: sono una lettrice, ma sono anche una scrittrice in attesa di pubblicare; sono, a tutti gli effetti, in una posizione particolare che mi permette di osservare ciò che succede da una parte e dall’altra in modo piuttosto oggettivo, senza essere coinvolta emotivamente, e quello che vedo è una relazione in cui il potere è molto sbilanciato.

Chi scrive è l* creator*, chi legge fruisce di ciò che l* scrittor* ha creato: può fare sua l’opera, può avere degli headcanon e scrivere fanfiction, può criticarla o elogiarla ma alla fine dei conti resta una relazione che, messa su una bilancia, è sempre sbilanciata in favore di chi scrive. In tutto questo il ruolo dei social è accorciare le distanze, e le distanze accorciate in una relazione di questo genere possono essere fonte di problematicità che chi scrive (visto che è la persona con più potere nella relazione) deve assicurarsi di evitare a tutti i costi.

Ecco qualche consiglio per entrambe le parti, per coltivare un rapporto (più) sano. Ovviamente la parte dedicata a chi scrive sarà più nutrita proprio perché, essendo la persona con più potere in questa relazione, ha anche più responsabilità.

PER TE CHE SCRIVI: le opinioni negative di chi legge sul romanzo, su di te come scrittor*, sul genere che scrivi sono valide

Lo so, lo so: i tuoi romanzi, car* scrittor*, sono la tua prole. Dentro di essi hai riversato le tue ambizioni, le tue emozioni, i tuoi valori, le tue speranze, e dopo tanto lavoro ti devi pure sorbire la recensione a una stella del* signor* nessuno che si permette di criticare il tuo duro lavoro??

…ho una notizia per te: sì, è proprio così. Incassare fa parte di questo mestiere. Le recensioni negative, anche quelle più insensate, fanno parte di questo mestiere, perché non si può piacere a tutt* e al contrario tutt* hanno diritto alla loro opinione. Non significa ovviamente che quell’opinione, per quanto valida, sia la verità, ma tant’è.

La scelta corretta davanti a un’opinione negativa è solo una: decidere che questa non intaccherà la tua sicurezza e il tuo orgoglio nel lavoro che hai fatto, e ignorarla. Scrivi pure quel paragrafo pieno di insulti, ma non schiacciare invio; urla la tua frustrazione dentro a un cuscino o sfogati con persone fidate, non sui social; recita il tuo discorso infervorato in difesa della tua opera davanti allo specchio nel tuo bagno, non pubblicamente.

Lo so, lo so: non è per nulla facile. Ho ricevuto la mia dose di commenti negativi da quando mi sono presentata sui social come scrittrice: da chi, senza nemmeno aver letto nulla di mio, mi ha detto che non posso chiamarmi in questo modo, ai commenti spiacevoli sulla mia scrittura. Quando dico che lo so, è perché lo so. E spesso non è nemmeno facile scrollarsi di dosso tutto questo, spesso ti resta attaccato come pece e te lo porti con te nonostante tu non lo voglia.

Ma in nessun caso questa frustrazione, rabbia, delusione, amarezza e tristezza, per quanto valide e comprensibili, devono essere riversate sul lettor* che quei commenti te li ha fatti. E sai perché? Perché queste cose vengono fuori. L* lettor* parlano tra di loro, fanno rete, sono solidali. E se hai dei comportamenti problematici nei loro confronti, questo si traduce in un ritorno negativo di immagine non solo su di te come persona ma anche sui tuoi libri, proprio quei libri che hai impiegato così tanto tempo a scrivere e che vorresti fossero amati.

Newsflash: una recensione negativa può anche far decidere a chi la legge di voler verificare in prima persona (e quindi leggere il tuo libro); un tuo comportamento problematico nei confronti di chi legge no: ti marchia.

PER TE CHE LEGGI: pratica l’empatia

Tu che leggi, come detto prima, hai il diritto sacrosanto di esprimere la tua opinione in modo libero e genuino. Ciò che ti chiedo è di esercitare un po’ di empatia quando lo fai: per esempio, non taggare mai la persona che ha scritto il libro che hai criticato aspramente. Considera anche una cosa: l* scrittor* che vorresti prendere in giro sui social perché ha scritto un libro bruttissimo è esordiente, emergente o indipendente? In casi come questi anche solo una recensione negativa può stroncare la sua carriera sul nascere. Le tue azioni hanno conseguenze: chiediti, vuoi questa responsabilità?

Insomma, ricordati che dall’altra parte di quelle pagine, per quanto terribili possano essere, c’è una persona in carne e ossa, esattamente come te, che ha impiegato tempo ed energie per produrre il libro che hai in mano. Se, dopo esserti ricordat* di tutto questo vuoi ancora scrivere quella recensione tagliente, non c’è nessun* che ti fermerà. In fondo anche le recensioni negative hanno il loro posto nel mondo.

Tu che ne pensi?

Non dimenticarti di scrivermi un commento qui sotto se hai qualcosa da aggiungere al tema trattato oggi.

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Come scrivere personaggi grassi- parte 3

Consigli, Inclusività, Scrittura

E siamo al terzo e ultimo articolo sull’argomento! Se non hai ancora letto i precedenti consiglio caldamente di farlo: trovi la prima parte qui e la seconda qui.

L’articolo di oggi vuole raccogliere per te diverse risorse che possono aiutarti a scrivere (migliori) personagg* grass* nei tuoi libri.

Premetto una cosa importante, ovvero che questa lista è solo un punto di partenza, e vorrei esortarti a cercare anche altre risorse per conto tuo. La ricerca non è mai troppa se si vuole fare una rappresentazione corretta e giusta!

Ultima nota, prima di iniziare, è che in Italia/in italiano le risorse sul tema scarseggiano molto. Ho cercato di includere testi in italiano dove possibile (spoiler: sono pochi), ma sappi che se hai la possibilità di leggere in inglese il materiale disponibile aumenta esponenzialmente.

Manuali

Puoi acquistarlo in libreria o qui.

Belle di faccia è un manuale nato dall’esperienza di Meloni e Mibelli che hanno cominciato a parlare di grassofobia sui social (e ancora lo fanno: consiglio anche di seguire il loro profilo instagram). Consigliatissimo come prima lettura e per avvicinarsi all’argomento.

Lo trovi qui.

Altra lettura indicata per iniziare è Things no one will tell fat girls di Jes Baker (che trovi anche su Storytel letto dall’autrice). Baker è una pioniera dell’attivismo grasso e il libro è perfetto anche per chi è alle prime armi.

Acquistalo qui.

Con Grass* di Manici saliamo leggermente di livello nonostante sia scritto in modo molto chiaro e lineare. Ho trovato questo agilissimo manualetto davvero mindblowing e lo consiglio assolutamente come lettura dopo uno dei manuali “base”.

Video

Questa conversazione di circa mezz’ora con Marianne Kirby, scrittrice grassa, è una sorta di introduzione/preview alla masterclass sulla scrittura di personagg* grass* che Kirby stessa ha tenuto per il sito Writing the Other, che consiglio assolutamente di consultare perché le loro risorse e i loro webinar sulla scrittura inclusiva sono incredibili. Trovi la masterclass di Kirby, che dura due ore e costa 55$, qui.

In questo video trovi un’analisi dei cliché più usati nel cinema quando si tratta di personagge grasse, partendo dal funny fat girl e allargando lo sguardo agli altri tipi di cliché che si possono trovare. Anche se si riferisce al cinema in particolare può essere una visione interessante per evitare di perpetuare cliché simili nella scrittura.

Consiglio caldamente la visione di questo video (prepara gli snack, è un’ora e 17 minuti) in cui viene affrontato l’argomento della grassofobia, spiegando anche come abbia radici nel razzismo e nella supremazia bianca, cosa che dobbiamo sempre tenere a mente.

Similarmente anche questo video (altrettanto lungo) parla di grassofobia e razzismo, con una deriva sul mondo dei fumetti e dei supereroi.

Articoli

Non ho trovato articoli in italiano che fossero specifici sulla scrittura di personagg* grass*, purtroppo, quindi come per i video saranno tutti in inglese.

Questo articolo fa una lista agile di “dos and don’ts” quando si scrivono personagg* grass*.

Anche qui trovi una lista spicciola di cose da fare e da non fare.

Questo post, di una scrittrice e lettrice grassa, parla soprattutto di libri young adult con personagg* grass* partendo dal suo punto di vista.

Trovo questo articolo, pubblicato da una scrittrice grassa specificatamente per scrittor* magr* che vogliano scrivere storie con personagg* grass*, particolarmente ben fatto. Facciamo che se sei magr* è una lettura obbligata. Alla fine dell’articolo trovi anche tre articoli linkati.

Infine questo articolo risponde alla fatidica domanda: “come descrivere personagg* grass* in modo rispettoso?”

Grazie di aver letto ❤

Spero che questa lista ti sia stata utile. Ricorda: non fermarti qui! La ricerca non è mai abbastanza se vogliamo inserire delle rappresentazioni adeguate nei nostri romanzi, e come ultimo consiglio di do quello di far visionare il tuo libro da un* sensitivity reader grass*.

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Come comunicare da scrittrice sui social?

Consigli, Scrittura

Sono sui social da parecchio tempo, ma ho cominciato a pubblicare contenuti su libri e scrittura e posizionarmi come scrittrice da circa tre anni; con questa decisione, quella di “metterci la faccia”, è arrivata anche la scelta su come comunicare e comunicarmi.

La mia parabola, il mio character arc, se vogliamo, di persona che tutti i giorni si fa vedere sui social con contenuti più o meno leggeri o impegnati, è stata abbastanza tipica: inizialmente mi sentivo un po’ rigida, non ero abituata a essere dall’altra parte dello schermo e facevo fatica a mostrarmi e parlare; poi, negli anni, la mia comunicazione è diventata sempre più naturale e io mi sono fatta vedere in maniera sempre più completa. Nulla di nuovo, forse: credo che chiunque, quando inizia, si senta un po’ un pezzo di legno; oggi però non voglio parlare di banalità stile “devi scioglierti, vedrai che pian piano ce la fai”, ma di linguaggio: sono una scrittrice in fondo, le parole e come le usiamo sono il mio pane quotidiano.

Il linguaggio che uso sui social si è modificato di pari passo con la mia trasformazione e man mano che mi sentivo a mio agio “davanti alla telecamera”, ma è importante notare che il linguaggio e il “tono” che usavo all’inizio erano un diretto riflesso di ciò che pensavo di dover usare come scrittrice sui social e nella vita per essere presa sul serio, per essere credibile, insomma, nella mia posizione improvvisamente molto pubblica.

Complice anche l’università, prima di approdare sui social (e per qualche tempo anche durante) pensavo di dover parlare in modo sempre corretto, senza espressioni gergali o abbreviazioni, con una punteggiatura immancabilmente ineccepibile, senza sbavature e imperfezioni: insomma, credevo di dover comunicare nei social ogni giorno come se dovessi dimostrare che sì, so scrivere, credetemi, lo potete vedere proprio dai miei post e le mie stories su Instagram.

La questione della credibilità come scrittrice è una che mi sta parecchio a cuore, e della quale ho parlato diverse volte sui social: che cosa mi dà il permesso o meno di chiamarmi scrittrice? Da chi devo ricevere l’approvazione per osare farlo? Che cosa può far dire a chi mi giudicherà “sì, questa è proprio una scrittrice”?

E no, non scrivo sui social come scrivo i miei romanzi: sarebbe abbastanza assurdo, in fondo, prendere una mia story su Instagram e credere che possa rappresentare davvero un buon esempio di ciò che significa leggere una mia storia. Stessa cosa per questi articoli sul blog: esistono diversi tipi di scrittura, è un semplice dato di fatto.

Insomma, più comunicavo in maniera così pubblica e social, più mi rendevo conto che se avessi continuato a parlare in modo perfetto, senza le sbavature, imprecazioni o coloriture tipiche della mia parlata “normale”, avrei continuato a dare un’immagine non veritiera di me.

Non solo: più andavo avanti, più mi accorgevo che quello standard, quello che pensavo mi avrebbe reso “credibile”, qualsiasi cosa significhi, era uno che veniva ed era riconosciuto come tale da rinsecchiti accademici boomer, ammuffiti nelle loro convinzioni arcaiche, e che la comunicazione da social è e deve essere molto diversa dalla scrittura di un romanzo; infine, che non ho nulla da dimostrare, perché i miei lavori parleranno per me.

Le storie che voglio raccontare non sono per chi crede che questo standard sia giusto, o per chi mi darebbe approvazione solo se parlassi in modo forbito: quindi perché farlo? Che senso ha? Non è meglio parlare in modo più naturale, essere me stessa e mostrare chi sono per davvero in modo da attrarre le persone giuste?

Credo che qui in Italia ci sia ancora parecchia strada da fare: l’immagine degli scrittori/le scrittrici/l* scrittor* è ancora molto da svecchiare, perché ancorata appunto a quegli standard che non possono che essere deleteri per chiunque voglia approcciarsi a questo mondo da una parte, cioè quella di chi scrive o vorrebbe scrivere, e dall’altra, di chi legge.

Quindi sì, questa scrittrice scrive in modo colloquiale sui social, usa le abbreviazioni e gli acronimi, fa errori di battitura (perché ha poco tempo e rileggere tutto mille volte per essere sicura ruba tempo ed energie) ed è, soprattutto, umana. E va benissimo così. Preferisco che sia la mia umanità a parlare, piuttosto che una versione ingessata di me confezionata per chi comunque non mi darebbe la sua approvazione.

Questa non è la prima volta che parlo di tutto questo, ma è un argomento di cui ho sempre cose da dire e in questo articolo ci sono diversi spunti che vorrei approfondire: fammi sapere se ti interessa nei commenti!

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Come scrivere personaggi grassi- parte 2

Consigli, Inclusività, Scrittura

La volta scorsa siamo partit* dalla domanda: “come posso scrivere personaggi grassi?” (o meglio, come farlo in modo rispettoso): abbiamo iniziato da quella volta in cui, attraverso al mio profilo Instagram, ho chiesto alle persone che mi seguono di che cosa sentono di avere più bisogno quando si parla di rappresentazione grassa (in particolare, nei libri). Una risposta per domarle tutte (semicit.) è, molto semplicemente: avere più rappresentazione grassa nei libri, punto, perché al momento il panorama è davvero desolante, soprattutto se si considerano solo libri in italiano, ma anche purtroppo in inglese. È come se…è come se il mondo non volesse vedere corpi grassi, come se fossero discriminati. Che strano, vero? (/sarcasmo)

Visto che questa serie di articoli è nata soprattutto per chi scrive, per dare una spintarella in modo che creare personagg* grass* rappresentat* in modo corretto sia sempre meno un sogno e sempre più realtà, parliamo di scrittura e consideriamo oggi questa domanda:

“Ma se voglio fare una rappresentazione corretta devo evitare a tutti i costi di inserire discriminazione grassofobica nelle mie storie?”

Per rispondere in modo completo dobbiamo prima fare un salto indietro e ragionare un po’. Come in tanti casi quando si parla di discriminazioni che le persone subiscono nel mondo reale, è necessario per prima cosa fare un esame del proprio privilegio e delle proprie ragioni per trattare tale discriminazione, perché una rappresentazione corretta e non offensiva può solo venire da un luogo in cui l’apertura, l’empatia e l’onestà sono chiare ed esplorate. Quindi come prima cosa devi chiederti:

Se sei una persona magra che non è mai stata vittima di grassofobia, perché vuoi inserirla nella tua storia?

Do per scontato in questa sede che tu abbia, prima di tutto, fatto i compiti per casa, ovvero che ti sia informat* attraverso diverse fonti su cosa significhi essere una persona grassa in un mondo che ti rifiuta, che tu abbia chiari i significati di diet culture, di grassofobia, di immagine corporea, di body positivity e body neutrality, che tu abbia studiato qualche testo scritto da attivist* sull’argomento, che tu segua qualche attivista grass* e più di qualche persona grassa in generale, che tu sappia riconoscere la grassofobia in tutte le sue forme: questo è il lavoro di base, quindi rimboccati le maniche e poi torna qui.

Dopo questa fase di ricerca basica viene la fase di riflessione personale in cui ti poni domande importanti, come quella che dà il titolo a questa sezione: che cosa esattamente ti spinge a voler parlare di questo argomento? È, per esempio, qualcosa che vuoi esplorare perché vuoi dare visibilità a una categoria che non ne ha? È perché in questo modo intendi combattere la tua grassofobia interiorizzata? Perché vuoi essere alleat* alla comunità grassa? Ma soprattutto, sei pront* ad affrontare eventuali conflitti interni e realizzazioni su di te e sul tuo privilegio?

Tutto questo lavoro e queste domande valgono doppiamente se sei una persona magra, ma non sono da escludere nemmeno se sei una persona grassa: non è detto che, anche se sei grass*, che tu non abbia grassofobia interiorizzata, o che tu abbia dimestichezza con il mondo della fat liberation anche se hai ovviamente esperienze dirette di discriminazione legata al tuo corpo. Nasciamo tutt* in una società grassofobica, e abbiamo diverse cose da disimparare anche quando siamo noi stess* colpiti da questo tipo di discriminazione: ci sono passata personalmente e posso attestare che è esattamente così, e non è colpa del singolo individuo.

Inserire discriminazione nella tua storia è davvero necessario?

Così come se scrivi di personaggi queer/lgbtqia+ non è necessario inserire l’omolesbobitransafobia e la queerfobia, se scrivi di personaggi grassi non è necessario inserire discriminazioni basate sulla grassofobia.

“Ma Giulia, una persona grassa fa necessariamente esperienza di grassofobia nella sua vita”, potrebbe essere il tuo controargomento.

Beh, sì, è vero: non credo che esista persona grassa che sia cresciuta e/o vissuta nei paesi occidentali che non abbia nel suo arsenale almeno una storia dell’orrore legata alla discriminazione sul suo corpo. Però, e questo è un bel però, anche se il nostro mondo è ben lontano dall’essere grassofobia-free, non è detto che chi leggerà il tuo libro abbia voglia di essere mess* davanti a questa cosa.

A volte leggiamo per evadere, ma al tempo stesso è bello vedersi rappresentat* sulla carta e sapere che possiamo essere l* protagonist* di quella (e di altre) storie, you know?

Questo ovviamente dipende da storia a storia, e da romanzo a romanzo. Non sto dicendo che devi per forza eliminare la grassofobia dal tuo libro: anzi, inserirla in modo corretto può essere catartico, un modo per denunciare quanto ancora abbiamo da fare per avere una società equa e giusta per tutt*; può essere un momento di solidarietà con chi ti leggerà (“Vedi? Anche la protagonista soffre per questa cosa, non sei sol*”). Insomma, ci sono sicuramente dei lati positivi.

Quello che ti sto chiedendo, per ritornare al titolo di questa sezione: è necessario inserirla nella tua storia, al netto di tutto? Se sì, bene, vai pure, e assicurati di rendere giustizia a chi la grassofobia la deve portare sul groppone ogni giorno nella vita reale. Se no, invece, sappi che va bene eliminarla del tutto o quasi; sappi che le storie senza discriminazione hanno il loro perché.

Entrambe le strade sono percorribili, insomma, e la chiave è scegliere con consapevolezza quale percorrere.

E questo è quanto per oggi. Grazie di aver letto, ci vediamo nel terzo post della serie “I corpi grassi nei libri” con una serie di risorse dalle quali partire per assicurarti di fare una rappresentazione corretta dei corpi grassi e per confrontarti con la grassofobia. A presto!

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Parteciperò al NaNoWriMo quest’anno, ma continua a non piacermi

Consigli, Scrittura

Un anno fa scrivevo un articolo in cui riflettevo sul NaNoWriMo, il mese nazionale della scrittura di romanzi, e le mie considerazioni erano soprattutto negative. Puoi leggere l’articolo qui e scoprire l’unica cosa invece che mi piace di questa iniziativa a livello mondiale dedicata alla scrittura di cinquantamila parole in un mese.

A distanza di un anno mi ritrovo a pensarla allo stesso modo, ma la mia decisione quest’anno è di partecipare. Forse perché per la prima volta ho un romanzo da abbozzare (il secondo della trilogia distopica femminista alla quale sto lavorando), forse perché le stelle si sono allineate, ho deciso in modo abbastanza naturale di sfidarmi. Ecco gli accorgimenti che applicherò per resistere e sopravvivere durante questo mese per chi come me non sopporta il clima di competizione e i numeri che rimbalzano spesso tra i social delle persone che partecipano:

  1. NaNoWriMo sì, ma secondo le mie regole: l’idea che la produttività possa essere “one size fits all”, una unica taglia per tutte le persone, è francamente abilista e parte del pensiero capitalista. E visto che questi fanno parte degli “ismi” peggiori e che rigetto completamente questa mentalità, non baserò la mia sfida di novembre sul numero di parole scritte (che secondo le regole tradizionali del NaNo dovrebbero essere cinquantamila al mese, con una media giornaliera di 1667 parole scritte), ma sul numero di ore lavorative al giorno, quasi raddoppiando il tempo che già dedico alla scrittura e portandolo da tre ore di media alle cinque giornaliere. Contando che scrivere è un lavoro che stanca moltissimo mentalmente, credo che sia un buon numero di ore dedicato a questa attività, e per me è sicuramente una sfida stimolante.
  2. Silenzierò su instagram le stories di chi pubblica giorno per giorno il numero di parole scritte. Senza remore, senza pietà: non è nulla di personale; so già che non è qualcosa che mi fa bene e la mia salute, specialmente in un momento stressante come questo, quindi ciaone, ci vediamo quando finisce novembre, spero che il vostro mese vada bene, abbraccini.
  3. Limiterò la mia presenza sui social. So già che creare contenuti come al solito non sarà possibile perché vorrò concentrarmi al massimo su questa sfida e sul mio lavoro: per un mese continuerò ad esserci, ma meno di prima, per tornare invece a dicembre.
  4. Ascolterò ciò che mi dice il mio corpo. La mia salute ha la priorità: i ritmi che seguirò saranno molto più intensi rispetto a una normale giornata di lavoro per me, quindi è importantissimo che durante questo periodo io stia in ascolto attivo del mio corpo. Sfidarsi va bene, ma non fino a stare male fisicamente, psicologicamente o emotivamente.
  5. Mi affiderò all* mi* partners in crime: la bellezza di avere un gruppo di scrittura è che attraversi fasi molto simili dal punto di vista emotivo e psicologico. Fare una pausa un po’ più lunga tra le sessioni di scrittura per sfogare un po’ di frustrazione e per ricevere il e dare il sostegno di cui si ha bisogno fa bene a tutt*.
  6. Ignorerò attivamente la voce dentro di me che mi dice che devo arrivare all’obiettivo della giornata a tutti i costi. Darsi un obiettivo è qualcosa che può essere molto stimolante a volte e che altre può essere a tuo discapito. Questa non è una gara se non con me stessa, e anche solo iniziarla e impegnarmi in tutto questo significa vincerla. Rigetto completamente la mentalità tossica della vincita a tutti i costi e invece mi concentro su altro: sulla gioia di scrivere, sulla soddisfazione dopo la fatica, sul supporto di persone di cui mi posso fidare.

Ormai quando questo post (che sto scrivendo negli ultimi giorni di ottobre) sarà pubblicato, io avrò già iniziato a scrivere la prima bozza del seguito del mio romanzo. Mandami buone vibrazioni con un commento, se vorrai, perché mi sa che ce ne sarà molto bisogno!

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Come scegliere un’agenzia letteraria? La mia esperienza

Consigli, Scrittura

Se mi segui sui social (Instagram e/o Tiktok) ormai saprai bene che sto lavorando alla mia trilogia con la scout di un’agenzia letteraria e spesso mi viene chiesto, proprio per questo motivo, se ho consigli su come cercare, contattare e scegliere agenzia letteraria: certo che ne ho! Ti racconto proprio in questo articolo la mia esperienza di rifiuti e successi dalla quale ho imparato molto e potrai imparare anche tu.

Da dove partire?

Potrei dirti un’ovvietà ed esortarti a cercare “agenzie letterarie italiane” su google, ma non voglio insultare la tua intelligenza. Certo, si parte spesso da lì, ma probabilmente ci hai già pensato, giusto?, e ti sei trovat* di fronte una miriade di risultati che forse, invece di darti speranza, ti hanno un po’ scoraggiat*. Lo capisco, in fondo è un po’ ciò che ho provato anch’io all’inizio della ricerca.

Per evitare di cedere allo scoraggiamento ho agito su due fronti:

  1. Ho dato un’occhiata ai profili social di autori e autrici che conosco e che stimo per vedere se avessero mai parlato della loro agenzia o avessero il link/la menzione dell’agenzia in bio; ho inoltre controllato i frontespizi dei libri scritti da italian* per cercare eventuali menzioni dell’agenzia che rappresenta l* scrittor*. Non sempre si trova, ma può essere uno dei modi per trovarne di buone e soprattutto, visto che si parla di autori/autrici che stimi, di allineate con ciò che vorresti scrivere/che scrivi.
  2. Mi sono armata di pazienza e sono partita da qui: questo è il sito dell’Adali, l’associazione degli agenti letterari italiani. Non comprende tutte le agenzie, ma almeno è un ottimo punto di partenza visto che “si propone come organismo garante di professionalità e rispetto deontologico nei confronti degli agenti letterari associati e dei loro clienti.” Basta andare nella sezione nella quale è presente la lista di associati e il gioco è fatto. O meglio, il gioco è iniziato: sì, perché ora quello che devi fare è aprire il sito di ogni singola agenzia e controllare se faccia per te.

Come faccio a sapere se un’agenzia fa per me?

Io ho usato tre fattori per scremare un po’ la lista:

  1. Che tipo di autori/autrici rappresentano? Di quale genere sono i libri rappresentano di più? Di quale target di lettura? (Ci sono per esempio agenzie letterarie che si specializzano in libri per bambini!) Quali sono le case editrici con le quali i libri de* autor* che rappresentano pubblicano di più? E soprattutto: il progetto che voglio sottoporre all’agenzia rientra nelle loro corde?
  2. Che sensazione mi danno “a pelle”, dopo aver esplorato bene il loro sito, la sezione contatti e le loro pagine social? Che tipo di approccio hanno verso gli invii spontanei, verso l* esordient*?
  3. L’unico modo per proporre loro un progetto è attraverso una scheda di lettura a pagamento?

Nota: le schede di lettura

Nella ricerca dell’agenzia perfetta questo è un aspetto da considerare bene, quindi voglio aprire questa parentesi necessaria.

Che cos’è una scheda di lettura? È, molto in breve, una scheda in cui sono evidenziati i punti di forza e debolezza del tuo romanzo. Può essere uno strumento molto utile per essere sicur* che il tuo testo sia pronto o, in caso contrario, per avere delle note su cosa migliorare. Si tratta di un lavoro di analisi che è giusto pagare. Meno giusto trovo il fatto che certe agenzie mettono la scheda di lettura obbligatoria per avere l’opportunità di essere considerat* da loro in vista di una possibile rappresentanza. (Nota bene che pagare per avere una scheda di lettura non significa un’automatica rappresentanza!)

Come detto può essere uno strumento molto utile, e se il tuo scopo è capire su cosa lavorare meglio e su cosa invece puntare ti consiglio di considerare questa strada.

Personalmente non avevo bisogno di una scheda di lettura, né avevo i fondi per pagarne una o più di una (di solito partono dai 200 euro): a me interessava solo sapere se il mio progetto poteva interessare a un’agenzia per la rappresentanza, quindi ho scartato direttamente quelle che avevano una scheda di lettura obbligatoria e come unica modalità di invio spontaneo. (Questo, devo dire, ha assottigliato di molto la lista.)

Ok, ho sfoltito la lista, ora che si fa?

Ora, my friend, è tempo di sfoltirla ancora di più: consiglio di scegliere non più di cinque/sei agenzie alle quali mandare il tuo lavoro, e di assicurarti che soddisfino tutti i tuoi requisiti e ti ispirino fiducia. Non mettere le tue uova in troppi panieri, ma scegli pochi e buoni. Io, per esempio, ho inviato a sole tre agenzie la proposta per la trilogia alla quale sto lavorando.

Quando sei riuscit* a trovare quella manciata di agenzie alle quali affideresti senza battere ciglio il tuo lavoro, è il momento di preparare il materiale che ti servirà per la mail da inviare come proposta.

Preparazione all’invio

Attenzione qui perché ogni agenzia ha regole diverse! Studia bene la loro pagina contatti e segui alla lettera ciò che ti chiedono di inviare loro. Non lo sottolineerò mai abbastanza: se ti chiedono tre cose, allora tu invierai loro tre cose; non quattro, non tre e mezza: tre e basta. Tieni conto che queste persone ricevono una marea di mail come le tue: sii sintetic* e professionale, e non sforare mai per rispetto della persona che c’è dall’altra parte della mail.

Di solito le agenzie chiedono questi materiali, o qualche variazione sul tema:

  1. La tua biografia: dev’essere corta e informativa; lascia stare le banalità tipo “ho desiderato essere uno scrittore fin da bambino” o la sfilza di corsi e titoli di studio: concentrati piuttosto su ciò che ti rende interessante, cosa influenza la tua scrittura oltre a qualche informazione biografica pertinente.
  2. Un estratto del tuo testo: la lunghezza dipende molto da agenzia ad agenzia. Anche qui resta con precisione nel numero di battute, spazi compresi, indicate da loro.
  3. Una sinossi del tuo testo, che dev’essere raccontata in modo abbastanza analitico (evita come il demonio qualsiasi “auto-complimento” e giudizio personale sull’opera, per l’amor del cielo) e deve comprendere la fine. Non ti preoccupare degli spoiler: questo testo è solo per addett* ai lavori ed è quindi essenziale includere tutto. Anche qui resta nel numero di battute o cartelle indicato. Consiglio di fare diverse prove di sinossi fino a trovare una che resti in un tot di caratteri e che funzioni.

Importante è anche il testo della mail: tienilo corto, informativo e con qualche brevissima parola sul progetto che stai inviando, non serve molto, giusto per incuriosire visto che tutto il necessario sarà in allegato.

In questo post su ko-fi ho reso disponibile la cover letter, sinossi e biografia che mi ha permesso di essere contattata dopo pochi giorni dalla mia scout; è un contenuto a pagamento, disponibile anche con una donazione una tantum.

E la risposta?

Forse ti sorprenderà sapere che non tutte le agenzie rispondono, anzi, spesso non lo fanno. Ti consiglio di mettere una nota sul calendario a tot mesi dalla data di invio della mail per non stressarti troppo e/o controllare la mail in modo ossessivo (parlo per esperienza): se non avrai ricevuto risposta entro quella data, puoi avere la certezza che quello dell’agenzia è un rifiuto e puoi quindi metterti il cuore in pace.

Il minimo che ho visto indicato come tempo di risposta sono due mesi, il massimo sei mesi: varia da agenzia ad agenzia. Per contesto, io ho ricevuto la risposta della mia scout a due/tre giorni dall’invio della mail.

In bocca al lupo!

Ora che sei pront* non posso fare altro che farti un grande in bocca al lupo, perché in questo mestiere l’abilità è essenziale, ma a volte serve davvero una botta di culo.

Non dimenticarti di scrivermi un commento qui sotto se hai qualcosa da aggiungere al tema trattato oggi.

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Come scrivere personaggi grassi- parte 1

Consigli, Inclusività, Scrittura

Come scrivere personaggi grassi? Se sei qui, forse te lo sei chiesto. Beh, sei nel posto giusto.

Iniziamo da qui: qualche tempo fa ho pubblicato nelle mie stories di Instagram una riflessione su come ci sia una grande rarità di rappresentazione di corpi grassi nei libri. Ragionavo che è qualcosa di cui mi lamento spesso, ma che pur essendo una scrittrice non avevo mai considerato prima di quel momento che posso essere io il cambiamento, che posso fare la mia parte affinché ci sia più rappresentazione in un modo molto semplice: inserire personagg* grass* nelle mie storie.

Semplice, no? Hai inventato l’acqua calda, mi dirai.

Eppure prima di quel momento sono sincera se dico che la cosa non mi era nemmeno passata per la testa. Era come se non fosse per me nemmeno un’opzione. E nel momento in cui mi sono resa conto di questi ragionamenti che abitavano tra le righe dei miei pensieri, ho reagito con fastidio:

“Ma come”, mi sono detta. “Proprio io che sono grassa e mi lamento costantemente della scarsità di protagonist* grass* non ho mai nemmeno creduto che fosse possibile scriverne? La cosa non ha nessun senso.”

Ed è per questo, perché non ha nessun senso eppure è proprio così, che ho deciso di scrivere questa serie di post, in cui il fil rouge è appunto la rappresentazione dei corpi grassi in letteratura.

In questo primo post vorrei condividere le risposte che ho ricevuto alla box domande che ho messo nelle stories di instagram quando ho reso pubblico questa mia riflessione. Queste risposte sono, secondo me, un ottimo punto di partenza che può aiutare chi scrive, e vuole scrivere di corpi grassi, a capire di che cosa ha bisogno il pubblico, che cosa vorrebbe vedere e cosa no.

Ecco quindi cosa hanno risposto alle persone quando ho chiesto di continuare questa frase: “abbiamo bisogno di rappresentazione grassa, di leggere di persone grasse che”:

-intraprendano una quest epica;

-fluttuino nello spazio;

-combattano contro il male;

-salvino il culo a tutt*;

-guidino la ribellione contro i poteri forti;

-abbiano un ruolo importante;

-siano leader;

-non siano la solita spalla comica della protagonista e non siano il personaggio comico;

-non siano simpatiche, non facciano ridere, siano stronze;

-falliscano (e va bene così);

-si ficchino nei guai;

-non siano brave solo a cucinare;

-amino il cibo: dire di volere una fetta di torta non deve essere tabù;

-non siano definite unicamente dal loro essere grasse o in base al loro peso;

-non siano discriminate in base al loro peso;

-siano delle fortissime donne in carriera che amano ciò che fanno;

-non siano materne;

-siano personagg* fort*;

-siano in salute;

-non siano l’unica persona grassa del gruppo;

-siano desiderate e desiderino;

-siano oggetto di desiderio romantico e non perché belle dentro, abbiano successo in ambito sentimentale;

-abbiano relazioni di vario tipo e abbiano rapporti soddisfacenti, non per forza romantici;

-scopino un sacco;

-non si scusino d’esistere;

-non si sentano meno belle o brave;

-siano alla moda;

-facciano sport;

-abbiano successi sportivi;

-non siano sportive e atletiche e comunque vadano bene così come sono;

-non si facciano complessi per il peso;

-vivano la loro vita con gioia;

-siano serene;

-non abbiano bisogno di un’altra persona per sentirsi belle;

-possano vivere la loro vita in libertà;

-vivano la propria vita e stiano bene con se stesse, siano a proprio agio nel loro corpo;

-il loro corpo grasso sia descritto con aggettivi positivi.

E questo è quanto per oggi. Grazie di aver letto, ci vediamo nel secondo post della serie “I corpi grassi nei libri” con un mio ragionamento sulla rappresentazione della discriminazione dei corpi grassi nei libri: è mai ok? La risposta, come direbbero i peggiori titoli di articoli clickbait, ti sorprenderà. A presto!

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