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Se potessi ritornare indietro nel tempo e dare dei consigli di scrittura alla me stessa di dieci o quindici anni fa, uno dei più importanti sarebbe quello di dividere la fase di bozza da quelle di riscrittura, revisione ed editing: è una delle cose che ho imparato con l’esperienza, che vorrei gridare dai tetti e che ha drasticamente cambiato il modo con cui mi avvicino alla tastiera.
“Beh, mi pare scontato dividere le fasi”, dirai tu, ma non lo è affatto. Non hai idea di quanti scrittorə e aspirantə commettono ancora quello che ormai considero un errore: editare in fase di bozza. Dai, sai benissimo a cosa mi riferisco; chi non ha avuto la tentazione, al momento di mettersi a scrivere, di leggere qualche riga o paragrafo indietro e cambiare quella virgola, aggiustare un refuso o modificare frasi intere?
Se ti stai chiedendo cosa ci sia di male, ti prego di pensarci bene: spesso il tempo a nostra disposizione per scrivere è minimo, ritagliato tra impegni familiari, di lavoro o di studio; se usiamo anche quel poco tempo per ritornare indietro invece che andare avanti…beh, capirai dove sto andando a parare.
Uno dei “detti” che preferisco sul mondo della scrittura è questo, parafrasato: puoi sempre modificare e perfezionare qualcosa che hai scritto in precedenza, ma se non scrivi nulla di nuovo non solo non ci sarà nulla da perfezionare, ma non andrai mai avanti.
Come ti accennavo prima io stessa lavoravo così, ritornando a cesellare un testo che mai avrei finito, e ti confesso che mentre usavo questo “metodo” non ho mai combinato nulla.
Nel momento in cui mi sono concessa di ignorare i refusi e la punteggiatura da migliorare, insomma quando mi sono concessa di non essere sempre dannatamente perfetta…ecco, è allora che ho iniziato a volare: come mi sono resa conto in seguito, l’idea di non poter lasciare qualche errore nella bozza era un’ancora pesantissima che mi teneva a terra. È per questo motivo che ritengo questo “metodo” controproducente: sono una forte sostenitrice dell’idea che non ci sia un solo modo giusto per scrivere un romanzo, ma ti posso dire che uno sbagliato c’è, ed è quello di cui ti ho appena raccontato.
So che “sbagliato” è un aggettivo pesante, e non l’ho usato a sproposito. Come ti ha fatto sentire leggendolo? Hai provato fastidio o disagio? Hai avuto la tentazione di scrivere un commento con parole altrettanto forti in risposta? Se sì vorrei rassicurarti: ciò che stai provando è legittimo; anzi, ti dirò di più: avrei provato le stesse identiche sensazioni anni fa, e il motivo era ovviamente che mi sarei sentita punta nel vivo.
Avrei di sicuro pensato qualcosa tipo “ma come si permette questa di dirmi che sto sbagliando? Chi si crede di essere?” e probabilmente avrei avuto ragione; in fondo non sono nessuno se non una persona che ha continuato per anni su quella strada e che fintanto che l’ha percorsa non ha combinato nulla, ma che ha imparato dai suoi errori e, in virtù di questa nuova consapevolezza, ha deciso di spargere la voce per tendere una mano verso chiunque sia nella stessa situazione nella quale si trovava.
Ti invito quindi a farti alcune domande: che cosa esattamente di questo articolo, o dell’uso di certi aggettivi, mi ha infastidito di più? E perché? Da dove viene quel fastidio? Come posso porvi rimedio in modi che mi siano utili per evolvere come scrittorə?
Vorrei concludere con una riflessione che, per quanto potrebbe sembrare banale, è importante da tenere sempre a mente: nessuno dei libri che hai in libreria è nato nella sua forma finale, ovvero quella che puoi leggere sfogliando le sue pagine. NESSUNO. E questo è perché nessunə scrittorə è infallibile, e di conseguenza nessuna prima bozza lo è. No, nemmeno quella de “Il racconto dell’ancella” o di “It”.
Quindi, se persino nelle bozze di Atwood e King si trovano errori e imperfezioni, direi che puoi permetterti di lasciarli nella tua, per poi correggerli in un secondo momento quando farai la revisione e l’editing.
Direi che potremmo anche formare un sindacato per la difesa delle imperfezioni, che ne dici? Perché, ricordatelo, dopo che hai finito di abbozzare il tuo romanzo ci sarà tutto il tempo del mondo per modificare qualsiasi minuzia desidererai; ma quella è una storia per un altro giorno. Nel frattempo alziamo le penne o le tastiere e terminiamo la bozza del nostro romanzo! Senza ritornare indietro, s’intende.
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Un pensiero su “Perché è fondamentale dividere le fasi di bozza e di editing?”